[MANIA MUSICALE] Giorgio Gaber - Il comportamento

Oggi, 1 Gennaio è il primo dell’anno. Ma è anche il decimo anniversario della scomparsa di Giorgio Gaber. Si tratta di un artista che apprezzo moltissimo, uno dei miei cantanti preferiti, che ho scoperto qualche anno fa e di cui ho parlato già altre volte qui sul mio blog. Pertanto ho deciso di cogliere l’occasione per inaugurare una nuova etichetta sul blog che avevo in mente di creare da tempo, ma non avevo mai avuto l’opportunità di farlo: si chiama mania musicale, in cui analizzerò i testi delle canzoni. E oggi scelgo appunto un brano di Gaber, dal titolo Il comportamento.

Mio nonno è sempre mio nonno
è sempre Ambrogio in ogni momento
voglio dire che non ha problemi di comportamento.
Le canzoni di Gaber hanno una struttura spesso fissa: una premessa, molto lunga e poi un climax che stravolge tutto concludendo il brano con una massima, con la morale. Ovviamente questo non avviene sempre, ma è il caso di questa canzone. Questa parte costituisce infatti la premessa: il nonno del nostro “signor G”, il narratore, è sempre se stesso. Non cambia mai. Ma invece…
Io non assomiglio ad Ambrogio
l’interezza non è il mio forte
per essere a mio agio
ho bisogno di una parte.
Il signor G invece non è così, necessita di una parte, cambia se stesso a seconda delle circostanze, delle persone. Certamente il primo pensiero va alla poetica pirandelliana: tutti noi indossiamo delle maschere imposte dalla società e dalle situazioni che non possiamo toglierci perché significherebbe perdere noi stessi, ma questo lo vedremo alla conclusione della canzone.
Per esempio quando sto in campagna
ed accendo il fuoco nel camino
lentamente raccolgo la legna
e mi muovo come un contadino.
Qui inizia una sorta di opposizione fra due situazioni completamente diverse: la prima è quella di un’azione quotidiana, semplice, si utilizzano termini come “campagna”, “legna” e “contadino”, una situazione di assoluta semplicità a contatto con la natura.
Quando in treno incontro una donna
io mi invento serio e riservato
faccio quello che parla poco
ma ci ha dietro tutto un passato.
Invece qui si descrive un avvenimento sempre quotidiano, ma differente: in treno, in una situazione quindi di movimento e non di semplice vita di campagna, il nostro protagonista si ritrova a fingersi interessante per conquistare una donna. Non si mostra per come è, ma recita.
E se mi viene bene
se la parte mi funziona
allora mi sembra di essere
una persona.
E solo facendo ciò egli si sente realmente una persona. In fondo l’etimologia di “persona” è latina, e significa proprio “maschera”. Questa strofa conclude la descrizione di una situazione in questo brano e si ripeterà in anafora sempre alla fine.
Qualche volta metto il mio giaccone
grigioverde tipo guerrigliero
e ci metto dentro il mio corpo
e già che ci sono anche il mio pensiero.
Nuova situazione: questa volta si tratta di mostrare un pensiero, un orientamento politico, attraverso un modo di vestire. Difatti troviamo un’opposizione fra “corpo” e “pensiero” che sono collocati in evidenza agli estremi dei versi entrambi, proprio per indicare questa unione delle due cose come se fossero dello stesso valore.
Quando invece sto leggendo Hegel
mi concentro sono tutto preso
non da Hegel naturalmente
ma dal mio fascino di studioso.
Sempre sul piano del pensiero, qui il nostro narratore si trova a fingersi un intellettuale. È una cosa dannatamente vera che spesso le letture vengono semplicemente ostentate, certe volte non si capisce nemmeno ciò che si legge ma si vuole mostrare di fare “letture ricercate” o complesse. Pertanto il nostro protagonista è preso dalla sua immagine, non certo da ciò che lo studio di Hegel gli può insegnare.
E se mi viene bene
se la parte mi funziona
allora mi sembra di essere
una persona.

Mio nonno si è scelto una parte
che non cambia in ogni momento
voglio dire che c’ha un solo
comportamento.
Dopo l’anafora, ritorniamo alla prima strofa: parliamo nuovamente del nonno Ambrogio, che invece ha un solo comportamento.
Io invece ho sempre bisogno
di una nuova definizione
e gli altri fanno lo stesso
è una tacita convenzione.
Finora era solo una persona parlare di sé, adesso invece evidenzia come la società stessa funziona tutta attraverso una finzione e che tutti noi sappiamo di fingere.
Ma da oggi ho voglia di gridare
che non sono stato mai me stesso
e dichiaro senza pudore
che io recito come un fesso.
Tuttavia il nostro signor G si ribella e decide di gridare la verità, di non stare più al gioco e di ammettere che finge, questo è il momento dello stravolgimento.
E se mi viene bene
se la parte mi funziona
allora mi sembra di essere
una persona.

Se un giorno noi cercassimo
chi siamo veramente
ho il sospetto
che non troveremmo niente.
E si arriva dunque alla triste verità: se non fingiamo, noi non siamo nessuno. Proprio perché se cercassimo chi siamo, troveremmo un immenso vuoto e nulla più, giacché la vita stessa coincide in un teatro. Così come diceva Pirandello, come affermò Shakespeare: Il mondo è un palcoscenico.

Giorgio Gaber - Il comportamento, analysis by Silvia Argento ©

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