"La musica è nei libri" - La letteratura nei testi di Ermal Meta

Foto di Giulia Pagano
Per chi mi conosce non è un mistero che io sia appassionata di musica e letteratura. Sono fra i miei maggiori interessi e con questo mio articolo provo a unirli. Infatti, tra i cantanti attuali uno dei miei preferiti è Ermal Meta. Anche lui, come me, ama molto leggere, anzi dalle interviste ho notato che abbiamo anche gusti simili (ha diverse volte nominato autori che io ho letto e amato quali Dostoevskij, Pirandello, McGrath, Baricco, Joyce). Pertanto più volte durante appunto le sue interviste ha parlato di libri talvolta anche facendo associazioni fra le sue canzoni e la letteratura (per esempio alcune parti del testo Voodoo Love afferma essergli venute in mente grazie alla lettura del libro "L'alchimia del desiderio" di Tarun J. Tejpal), poiché egli dice "la musica è nei libri". Condivido perfettamente questo suo pensiero e allora ho deciso di intraprendere questo esperimento: ho individuato nei testi di alcune canzoni di Ermal Meta collegamenti con opere della letteratura, non intendo assolutamente affermare che questi collegamenti siano reali e che Ermal scrivendo le sue canzoni abbia voluto citare questi autori, i quali non so nemmeno se siano stati letti dal cantautore, ma sono aspetti da me notati, anche se alcune (come nel caso di "Umano")  sono palesi e indubbie citazioni, che mostrano la profonda cultura che contraddistingue questo artista. 

  • Dall'album "Umano"
Odio le favole - Karen Blixen, Kahil Gibran
La canzone è pregna di riferimenti all'acqua e al mare (parla di sale, ma anche del fiume che scorre e assomiglia alla vita). Qui Ermal dice "di sudore, di lacrime o mare, ci sembrava la cura di tutto il sale". Karen Blixen afferma: La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare. D'altro canto, Kahil Gibran dice che dev'esserci qualcosa di insolitamente sacro nel sale, se è contenuto nelle nostre lacrime e nel mare.
Pezzi di Paradiso - Felice Iracà
Ritorna la tematica del mare tanto cara al nostro autore, che qui si chiede e chissà dove finisce il mare. "Dove finisce il mare" è il titolo di un fortunato romanzo di Felice Iracà, ambientato alla sponda del Mediterraneo, dove il protagonista vuole andare proprio là dove finisce il mare, ma questo viaggio è più che altro psicologico, alla scoperta di se stesso. L'impronta introspettiva del mare viene mantenuta da Meta in questo testo quando alla risposta su dove finisca il mare ci dice "dove non chiudi gli occhi per sognare". Iracà ha affermato che lo scopo del suo romanzo è mostrare il contrasto fra bene e il male ma soprattutto la rinascita dei protagonisti, che devono lottare contro se stessi. Mi sovviene subito la frase di Ermal senza fermarti mai.
Umano - Pirandello, Pasolini
La citazione pirandelliana "uno centomila non c'è più nessuno" è abbastanza palese e già dichiarata più volte dall'autore, pertanto preferisco sorvolare e dedicarmi alla tematica dell'ipocrisia e della mancanza di talento: stanco di chi vince senza aver talento. Rivedo in queste frasi una celeberrima affermazione di Pasolini: Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù.
Lettera a mio padre - Kafka, Dostoevskij, Leopardi, Nietzsche, Wilde
La mia canzone preferita di questo cantante. Struggente, rabbiosa, triste ma anche speranzosa questa lettera al padre, come la "Lettera al padre" di Franz Kafka. Le storie di questi due uomini con i loro padri sono senza dubbio diverse, ma nei toni e in certi momenti queste due lettere si somigliano, se non altro per il "flusso di coscienza" che le caratterizza. Kafka dice al padre: Tu sai trattare un bambino solo come tu stesso sei fatto, con forza, strepito e iracondia.
La meravigliosa ultima strofa della canzone che si conclude con la stupenda massima quando sulla schiena hai cicatrici è lì che ci attacchi le ali, rimanda poi alla concezione leopardiana di lotta titanica e resistenza presente ne "La ginestra", perché fiorire si può e si deve, anche in mezzo al deserto, perché se le cose fragili come un fiore di ginestra lo sanno fare, anche noi siamo chiamati a fare. Ma riprende anche una frase di Dostoevskij presente in quello che è tra l'altro uno dei libri preferiti di Meta "I fratelli Karamazov": Conoscerai un gran dolore e nel dolore sarai felice. Eccoti il mio insegnamento, nel dolore cerca la felicità.
E ancora famosissimo modo di dire entrato nell'uso comune, che non tutti sanno essere una frase di Nietzsche: dalla scuola di guerra di vita, ciò che non mi uccide mi rende più forte.
Ma colui che ha trattato del dolore come di un qualcosa da cui si può partire per reagire, quindi per usare le parole di Ermal, per attaccare le ali sulle proprie cicatrici, è sicuramente Oscar Wilde nel suo "De Profundis". Conscio di tutto il dolore che patisce, vuole rinascere e anzi usarlo come forza, perché quel dolore ha un significato e da quel dolore può reagire e dice siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle.
Schegge - D. Barenboim
Il titolo di questa canzone è ispirato ad un sogno che ha fatto l'autore ed essa è dedicata alla musica. Ermal vi attribuisce potenza, libertà e sicurezza (a volte penso che tu abbia un'anima più grande della terra; così sfuggente e libera, sai come stringermi senza incatenare). Queste caratteristiche sono ribadite attraverso la filosofia di Spinoza nel libro "La musica sveglia il tempo" di Daniel Barenboim, un pianista e direttore d'orchestra, quindi un musicista, che in questo saggio spiega il valore e l'importanza della musica.

  • Da "Vietato morire"
Vietato morire - Seneca
Questa canzone è talmente complessa nel suo testo che vi ho dedicato un intero articolo qui sul blog. Semplicemente dal titolo si può partire con una sfilza di frasi sulla resistenza, sulla forza e sul carpe diem. Per non dilungarmi troppo, citerò solo Seneca. Quest'ultimo nelle "Lettere a Lucilio" consiglia al suo amico "rivendica te stesso per te"; ancora nella stessa opera usa la metafora della lotta facendo riferimento ai pugni (che ritroviamo in Ermal in "Umano") ed alle percosse e ci insegna a non perderci mai d'animo: Non può affrontare la lotta con grande sicurezza di sé l'atleta che ancora non abbia i lividi delle percosse: chi ha visto il suo sangue e ha sentito rompersi qualche dente sotto i pugni; chi, atterrato con uno sgambetto, ha dovuto sopportare in tutto il suo peso il corpo dell'avversario, ma non s'è perduto d'animo, anzi ogni volta si è rialzato più deciso a resistere, costui ha maggiori speranze di successo nell'affrontare il combattimento.
Piccola anima - Leopardi
Quando ascoltai per la prima volta questa canzone, mi colpì subito il paragone fra la piccola anima che fugge e il passero (piccola anima che fuggi come se fossi un passero spaventato a morte). Come non pensare a "Il passero solitario" di Leopardi? Qui Leopardi si paragona al passero che vive la Primavera in solitudine, ma per sua natura, mentre il poeta è triste di questa sua condizione (estrema sintesi di quella che è una poesia di gran lunga più complicata sul piano semantico). L'accostamento persona - passero è quindi presente in entrambe le opere.
D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finchè non more il giorno;
Ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
Voce del verbo - D'Avenia, Leopardi
L'inizio della canzone recita: quanta forza servirà, per diventare debole. Alessandro D'Avenia per il suo libro dedicato a Leopardi ha scelto un titolo emblematico:"L'arte di essere fragili". Se in Voce del verbo abbiamo un desiderio di togliersi lo scudo e aprirsi, d'altro canto in Leopardi, come mette in luce D'Avenia, scopriamo proprio la bellezza di saper essere fragili.

  • Da "Non abbiamo armi"
Non mi avete fatto niente - Saba, Montale 
Testo che regala a Meta in coppia con Moro la vittoria a Sanremo. Si tratta sicuramente di una canzone impegnatissima su cui si potrebbe scrivere un intero tema, ma ho deciso di focalizzare la mia attenzione sull'ultima frase del testo. Sono consapevole che tutto più non torna, la felicità volava come vola via una bolla. La bolla indica la felicità che fugge via, qualcosa che scappa. La felicità e vita che volano via è quello che si definisce topos letterario. La ritroviamo in due poesie, una di Montale e una di Saba. In "Felicità raggiunta, si cammina" Montale paragona la felicità ad un barlume: "agli occhi sei barlume che vacilla" . In tutto il Canzoniere di Saba abbiamo poi una concezione della felicità e della vita legata fortemente alla nuvola, immagine molto simile alla bolla. 
Che fai nel ciel sereno
bel nuvolo rosato,
acceso e vagheggiato
dall’aurora del dí?
Cangi tue forme e perdi 5
quel fuoco veleggiando;
ti spezzi e, dileguando...
E ancora l'immagine del palloncino vagante in Saba ritorna in "Mezzogiorno d'inverno": Un palloncino invece,
un turchino vagante palloncino
nell’azzurro dell'aria...
9 Primavere - Kierkegaard 
La mia canzone preferita di questo album si lega ad uno dei passi più belli che abbia mai letto in un libro. Sto parlando di "Diario del seduttore" di S. Kierkegaard, dove ad un certo punto l'autore dice ho dimenticato me stesso per poter ricordare te. Che mi ha ricordato moltissimo la frase ma l'unico modo che conosco per volermi bene è attraverso te. Entrambe queste frasi reiterano la concezione per cui l'amore per l'altra persona coincide con la consapevolezza di sé e con la propria identità.
Io mi innamoro ancora - Saba, Montale 
Ritornano in questa canzone all'apparenza frivola, i due poeti del 900 che ho citato poc'anzi. Mi riferisco qui alla frase come un bimbo al suo pallone. L'affetto e l'enorme "fedeltà" se vogliamo del bambino per il suo pallone è metafora di spensieratezza, ma anche di perdita quando al bambino il pallone scappa. Da un lato nella poesia di Montale che ho già citato, che infatti recita Ma nulla ripaga il pianto del bambino, a cui fugge il pallone tra le case. E ancora Saba, già abbiamo visto il palloncino, ma il pallone ritorna più volte nelle sue poesie nel Canzoniere: Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

Tutte le riflessioni di questo articolo sono frutto di mie ricerche e del mio pensiero, qualsiasi utilizzo va affiancato dai dovuti credits. Silvia Argento ©

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