SOTTOTESTO 0 - Pagine bianche

Stanotte presento una novità del blog. Una sorta di "storia a puntate", che nasce da pensieri vari, da idee qua e là che mi sono venute nel tempo. L'idea è costruire un avatar, che non rappresenta me o qualcuno in particolare, ma un personaggio che vive la sua vita come una qualsiasi persona, con le sue crisi e le sue problematiche. E' il "sottotesto" di questo personaggio e come quello teatrale, indica tutto ciò che egli a voce non esprime, ma che è la sua reale "intenzione". Questo è il capitolo 0, ecco a voi Pagine bianche.

SOTTOTESTO 0 – Pagine bianche

Partiamo tutti da una debolezza.
Ci sentiamo deboli, vuoti, non sappiamo cosa fare, ed io non faccio eccezione.
L’unica cosa che sappiamo è che abbiamo una debolezza.
Ho cercato una risposta, ho cercato di sapere tante altre cose, ho cercato aiuto negli altri.
Ho realizzato che la risposta sarebbe arrivata se avessi smesso di cercarla, che le conoscenze si acquisiscono non per scelta, ma per impegno ed esperienza e che l'aiuto degli altri non si deve pretendere, ma meritare, da una parte e dall'altra. Tu devi meritare il loro aiuto, loro devono meritare di darlo, sì, perché anche aiutare gli altri è un privilegio, riuscirci è un'impresa.

Ho continuato a chiedermi per così tanto tempo se ci fosse qualcosa che in me non andasse, se stavo male, se ero ferito per una ragione in particolare, la ragione più facile che a questo mondo abbiamo: la follia, l'anormalità.
Non faccio che pormi tante domande, troppe, perciò sembro folle e anormale.
Ma, in fondo cos’è la normalità? E’ qualcosa che gli uomini hanno imposto, ma la normalità, la realtà, l’umanità, non esistono. E se vivessimo in un mondo in cui è definito umano uccidere? Anormale amare qualcuno di sesso diverso? Reale il mostro di Loch Ness? Cosa accadrebbe?
Però, anche queste sono domande. C’è chi le definirebbe stupide, ma chi può dire cosa sia stupido e cosa no?
Di certo non io, ma neanche gli altri.

Ho continuato a chiedermi per così tanto tempo la ragione per cui mi sentissi spesso triste, solo.
A chiedermi: ma... cosa succede? Perché ho paura di essere felice?
Sembrava troppo facile dire che era una questione di carattere, o che ero semplicemente un essere umano.
Eppure, se c'è una cosa di cui con il tempo sono diventato consapevole, è il fatto che le cose semplici, spesso, siano le migliori.
Basta che siano semplici e mai superficiali.
Vivere con leggerezza, prendere con leggerezza anche questi miei interrogativi, avendo il coraggio di cercare una risposta, ma anche di capire quando non vale la pena cercare.

Vorrei solo riuscire ad entrare nella mia testa, guardare tutto ciò che mi circonda e capire, così, cos'è la vita, non in generale, ma per me.
Cos'è normale per me.

E se normale per me è farsi mille problemi, forse ammettendolo sarà normale per me anche risolverli.
Non credo di poter capire il senso della vita, per me o in genere, ma credo di avere un'idea... credo che l'importante sia viverla.

Viaggiare e camminare con la consapevolezza di non sapere nulla, perché se si sapesse il senso della vita nulla avrebbe più senso, perché non ci sarebbe più alcuna sfida, alcuno stimolo.
La vita è bella, ma non così tanto da poter essere rivista più volte e capita subito, non è come un libro, che quando è davvero interessante vuoi rileggerlo tante volte, va apprezzata molto più di un libro, perciò si vive una sola volta.
E soprattutto, a differenza di un libro, non si legge, si deve solo scrivere.

Dobbiamo semplicemente fare di tutto per far sì che il nostro libro abbia un lieto fine, l’unica certezza che abbiamo è che alla fine il protagonista morirà, ma deve fare in modo che quando sarà tardi e ci ritroveremo a rileggerlo finalmente tutto intero, non ci annoi, ma ci appassioni così tanto da desiderare di scriverne un seguito, se la natura o qualsiasi cosa ci sia lassù ce lo permetterà.

Written by Silvia Argento ©

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