The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca
Buona Domenica a voi! Oggi voglio parlarvi di un film, dopo tanto tempo! Si tratta dell'ultimo film che ho avuto il piacere di vedere al cinema, vi recensisco infatti The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca.
L'intera vicenda viene raccontata dal protagonista, Cecil Gaines, un uomo di colore che, dopo aver visto uccidere il padre da un bianco in una piantagione di cotone dove lavorava, si trasferisce al Nord nella speranza di un futuro migliore. Prima aveva imparato ad essere un "nero di casa", ovvero un maggiordomo, mestiere che apprende meglio quando viene accolto sempre da un uomo di colore che lavorava in una casa al Nord. Nel frattempo, Cecil si sposa ed ha due figli, ma la vera svolta per lui arriva quando, dopo essere stato notato da un potente uomo della Casa Bianca, gli viene offerto di lavorare lì come uno dei maggiordomi. Si tratta di uno degli inizi più dinamici che abbia visto in un film, dinamicità che continua sempre ed è data da tanti salti temporali: prima Cecil bambino, poi cresciuto che apprende un mestiere, poi padre di famiglia, senza che venga mostrato come ha conosciuto la moglie o altro. Inizialmente questa cosa mi aveva un po' lasciato perplessa, poi ho capito che l'intenzione del film non era certamente far vedere la vita di quest'uomo, anzi, è una cosa da apprezzare il fatto che non si perda nei dettagli, ma voglia fare arrivare il messaggio mostrando anche la realtà della Casa Bianca. Ben 7 presidenti si susseguono e di ognuno di loro si capisce l'indole, le intenzioni e i provvedimenti presi riguardo alla problematica che attanaglia il paese: la situazione dei neri. Attorno a questo tragico frangente ruotano le vicende di Cecil come maggiordomo e quindi di confidente dei presidenti, ma anche di Cecil come padre, infatti spesso vero protagonista della storia è il figlio Lous, che al contrario del padre che attende qualche presidente che dia una svolta con le sue decisione, agisce da solo ispirato dall'operato di uomini come Martin Luther King o Malcom X. Viene, attraverso gli occhi del ragazzo più che del padre, mostrato l'aspetto più duro del periodo della discriminazione dei neri: toccante, piena di tensione e che mi è rimasta impressa tantissimo è la scena in cui Lous con la sua ragazza è bloccato in un Free Bus (un autobus misto) a causa del Ku Klux Klan. Ma vi sono moltissime scene in cui si comprende l'orribile situazione dei tempi, tra l'altro accompagnate da immagini in bianco e nero, vere e proprio foto che mostrano come tutto ciò che viene narrato sia, purtroppo, reale. Quindi, mentre Lous si batte per i propri diritti, anche a costo di essere arrestato e di rischiare di morire tante volte, il padre continua a fare il suo lavoro, a dare un contributo e nel frattempo ascolta tutto ciò che succede alla Casa Bianca. Attende un cambiamento, lo attende così tanto da sperare sempre di più ogni qualvolta viene eletto un nuovo presidente. Per questa ragione è in contrasto con il figlio, lo ritiene una vergogna, ma sono alla fine capisce che in realtà si tratta di un vero e proprio eroe, che ha saputo lottare. Ma grazie a persone come il figlio e anche a persone come Cecil stesso, quest'ultimo può avere la sua grande soddisfazione: dopo aver perso la moglie ormai invecchiata, da molto anziano riesce ad assistere all'elezione di Barack Obama, finalmente viene eletto un nero, finalmente le cose sono cambiate. Indossa quindi la cravatta regalatagli dal presidente Kennedy ed il fermacravatte regalatogli da Reagan e si reca alla Casa Bianca, invitato dallo stesso Obama. Oltre all'unione di realtà con finzione (ad esempio viene mostrato l'effettivo discorso di Obama come fosse Cecil a vederlo), mi ha colpito tantissimo la splendida caratterizzazione dei vari personaggi, che è tale grazie alla bravura degli attori ma anche grazie al mondo con cui il film è costruito. Vi sono ben 7 presidenti, come far capire di ognuno le debolezze in così poco tempo? Il film ci riesce ed anche molto bene, ogni presidente lascia qualcosa nello spettatore. Una delle figure più belle sicuramente è Kennedy, non solo per la tragicità della sua vicenda, ma anche perché è interpretato da un bravissimo James Paul Marsden, ma è caratterizzato molto bene anche Eisenhower, impersonato da niente poco di meno che Robin Williams e sicuramente mi è piaciuto anche John Cusack nei panni di Nixon. Un altro grandissimo pregio di The Butler è la grande capacità che hanno avuto i suoi creatori di narrare varie storie insieme, è una storia ad incastro, vengono mostrate più realtà senza suscitare alcuna confusione. Unico appunto: per quanto mi riguarda avrebbero potuto evitare di concentrarsi così tanto sulla figura della moglie di Cecil, sarà che Oprah Winfrey non mi è piaciuta per niente, la definirei la peggiore del cast; troppo fredda, indifferente, sempre con la stessa espressione. Per quanto riguarda il protagonista, Forest Whitaker, era più il personaggio a colpirmi più che l'attore in sé. Intendo dire che se l'ho apprezzato è stato grazie alle battute, alla sua storia, ma non è niente di eccezionale come attore, almeno non qui.
★★★★★ In conclusione, è un film che invita a riflettere, che commuove e fa ridere allo stesso tempo (alcune scene fra Cecil e due suoi amici maggiordomi sono spassose), che passa dal far comprendere la realtà di un maggiordomo, di un servo (splendida la scena in cui Cecil va a cena come invitato quindi non deve servire e si sente così strano), alla realtà di tutti i neri dell'epoca, fino ad analizzare la difficoltà dei tempi anche per determinati presidenti. Riesce a parlare della storia delle persone di colore in generale senza sfociare in un noioso polpettone che anziché dare spunti di riflessione concilia il sonno (ne ho visti anche troppi), ma anzi arriva a parlare anche della realtà del Sudafrica in due ore di film senza far annoiare, come invece mi è capitato con "Lincoln" di Stephen Spielberg. Qui la regia è sicuramente inferiore rispetto a quest'altro che ho nominato, ma è molto più efficace e piacevole.
The Butler, reviewed by Silvia Argento ©
L'intera vicenda viene raccontata dal protagonista, Cecil Gaines, un uomo di colore che, dopo aver visto uccidere il padre da un bianco in una piantagione di cotone dove lavorava, si trasferisce al Nord nella speranza di un futuro migliore. Prima aveva imparato ad essere un "nero di casa", ovvero un maggiordomo, mestiere che apprende meglio quando viene accolto sempre da un uomo di colore che lavorava in una casa al Nord. Nel frattempo, Cecil si sposa ed ha due figli, ma la vera svolta per lui arriva quando, dopo essere stato notato da un potente uomo della Casa Bianca, gli viene offerto di lavorare lì come uno dei maggiordomi. Si tratta di uno degli inizi più dinamici che abbia visto in un film, dinamicità che continua sempre ed è data da tanti salti temporali: prima Cecil bambino, poi cresciuto che apprende un mestiere, poi padre di famiglia, senza che venga mostrato come ha conosciuto la moglie o altro. Inizialmente questa cosa mi aveva un po' lasciato perplessa, poi ho capito che l'intenzione del film non era certamente far vedere la vita di quest'uomo, anzi, è una cosa da apprezzare il fatto che non si perda nei dettagli, ma voglia fare arrivare il messaggio mostrando anche la realtà della Casa Bianca. Ben 7 presidenti si susseguono e di ognuno di loro si capisce l'indole, le intenzioni e i provvedimenti presi riguardo alla problematica che attanaglia il paese: la situazione dei neri. Attorno a questo tragico frangente ruotano le vicende di Cecil come maggiordomo e quindi di confidente dei presidenti, ma anche di Cecil come padre, infatti spesso vero protagonista della storia è il figlio Lous, che al contrario del padre che attende qualche presidente che dia una svolta con le sue decisione, agisce da solo ispirato dall'operato di uomini come Martin Luther King o Malcom X. Viene, attraverso gli occhi del ragazzo più che del padre, mostrato l'aspetto più duro del periodo della discriminazione dei neri: toccante, piena di tensione e che mi è rimasta impressa tantissimo è la scena in cui Lous con la sua ragazza è bloccato in un Free Bus (un autobus misto) a causa del Ku Klux Klan. Ma vi sono moltissime scene in cui si comprende l'orribile situazione dei tempi, tra l'altro accompagnate da immagini in bianco e nero, vere e proprio foto che mostrano come tutto ciò che viene narrato sia, purtroppo, reale. Quindi, mentre Lous si batte per i propri diritti, anche a costo di essere arrestato e di rischiare di morire tante volte, il padre continua a fare il suo lavoro, a dare un contributo e nel frattempo ascolta tutto ciò che succede alla Casa Bianca. Attende un cambiamento, lo attende così tanto da sperare sempre di più ogni qualvolta viene eletto un nuovo presidente. Per questa ragione è in contrasto con il figlio, lo ritiene una vergogna, ma sono alla fine capisce che in realtà si tratta di un vero e proprio eroe, che ha saputo lottare. Ma grazie a persone come il figlio e anche a persone come Cecil stesso, quest'ultimo può avere la sua grande soddisfazione: dopo aver perso la moglie ormai invecchiata, da molto anziano riesce ad assistere all'elezione di Barack Obama, finalmente viene eletto un nero, finalmente le cose sono cambiate. Indossa quindi la cravatta regalatagli dal presidente Kennedy ed il fermacravatte regalatogli da Reagan e si reca alla Casa Bianca, invitato dallo stesso Obama. Oltre all'unione di realtà con finzione (ad esempio viene mostrato l'effettivo discorso di Obama come fosse Cecil a vederlo), mi ha colpito tantissimo la splendida caratterizzazione dei vari personaggi, che è tale grazie alla bravura degli attori ma anche grazie al mondo con cui il film è costruito. Vi sono ben 7 presidenti, come far capire di ognuno le debolezze in così poco tempo? Il film ci riesce ed anche molto bene, ogni presidente lascia qualcosa nello spettatore. Una delle figure più belle sicuramente è Kennedy, non solo per la tragicità della sua vicenda, ma anche perché è interpretato da un bravissimo James Paul Marsden, ma è caratterizzato molto bene anche Eisenhower, impersonato da niente poco di meno che Robin Williams e sicuramente mi è piaciuto anche John Cusack nei panni di Nixon. Un altro grandissimo pregio di The Butler è la grande capacità che hanno avuto i suoi creatori di narrare varie storie insieme, è una storia ad incastro, vengono mostrate più realtà senza suscitare alcuna confusione. Unico appunto: per quanto mi riguarda avrebbero potuto evitare di concentrarsi così tanto sulla figura della moglie di Cecil, sarà che Oprah Winfrey non mi è piaciuta per niente, la definirei la peggiore del cast; troppo fredda, indifferente, sempre con la stessa espressione. Per quanto riguarda il protagonista, Forest Whitaker, era più il personaggio a colpirmi più che l'attore in sé. Intendo dire che se l'ho apprezzato è stato grazie alle battute, alla sua storia, ma non è niente di eccezionale come attore, almeno non qui.
★★★★★ In conclusione, è un film che invita a riflettere, che commuove e fa ridere allo stesso tempo (alcune scene fra Cecil e due suoi amici maggiordomi sono spassose), che passa dal far comprendere la realtà di un maggiordomo, di un servo (splendida la scena in cui Cecil va a cena come invitato quindi non deve servire e si sente così strano), alla realtà di tutti i neri dell'epoca, fino ad analizzare la difficoltà dei tempi anche per determinati presidenti. Riesce a parlare della storia delle persone di colore in generale senza sfociare in un noioso polpettone che anziché dare spunti di riflessione concilia il sonno (ne ho visti anche troppi), ma anzi arriva a parlare anche della realtà del Sudafrica in due ore di film senza far annoiare, come invece mi è capitato con "Lincoln" di Stephen Spielberg. Qui la regia è sicuramente inferiore rispetto a quest'altro che ho nominato, ma è molto più efficace e piacevole.
The Butler, reviewed by Silvia Argento ©
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