20 anni senza Faber
Non ho scritto nulla di che su Fabrizio De André nel giorno della sua scomparsa, non per fare il bastian contrario della situazione, ma perché mi ha assopito troppo la sessione invernale. Non intendo dire nulla si ciò che tocca a persone molto più esperte di me analizzare e cioè la grandezza poetica di questo autore. Voglio raccontare tutto ciò che ha significato per me, nella mia vita. Non è il mio cantautore preferito, quel posto tocca a Giorgio Gaber, e mi incuriosisce vedere che molte pagine Facebook proprio ieri hanno criticato De André dicendo che Gaber sia meglio, per me invece vivono una piacevole convivenza e la mia preferenza si basa esclusivamente sul fatto che Gaber sia molto più sarcastico e quindi più affine a me caratterialmente.
Ero troppo piccola quando ascoltai per la prima volta "La guerra di Piero", senza sapere il nome dell'autore e neppure il titolo. Questa storia di questo soldato con l'attimo di umanità che gli costa la vita, mi aveva toccata molto.
Arrivata in prima media ritrovai questa canzone nel mio libro di antologia, alla seconda media la mia prof. faceva un gran parlare di questo grande cantautore. Così cominciai ad ascoltarlo, a divorare tutte le canzoni.
Da quel momento, quasi ogni mia amicizia importante si è basata sulla condivisione di De André. Ci sono sue canzoni che non posso ascoltare senza commuovermi per i troppi ricordi, canzoni che non posso proprio più ascoltare per i brutti ricordi, non so quante serate e notti ho passato e passo tuttora a chiacchierare con le persone che fanno parte della mia vita, su questa o su quella canzone.
Non so quante volte ho cantato De André con la gente, o da sola in stanza. Non so quante volte mi ha regalato un sorriso o una lacrima. Ma soprattutto mi ha insegnato qualcosa.
Al primo giorno nella mia casa a Palermo, primo giorno in università ho appesa in camera un poster collage di Gaber e De André. Perché queste menti mi hanno insegnato davvero qualcosa, mi hanno insegnato a pensare.
Sono 22 anni della mia vita e 20 anni che non c'è più De André, eppure per me è fra i pochi ad esserci sempre stato, quando non c'era nessun altro.
Ero troppo piccola quando ascoltai per la prima volta "La guerra di Piero", senza sapere il nome dell'autore e neppure il titolo. Questa storia di questo soldato con l'attimo di umanità che gli costa la vita, mi aveva toccata molto.
Arrivata in prima media ritrovai questa canzone nel mio libro di antologia, alla seconda media la mia prof. faceva un gran parlare di questo grande cantautore. Così cominciai ad ascoltarlo, a divorare tutte le canzoni.
Da quel momento, quasi ogni mia amicizia importante si è basata sulla condivisione di De André. Ci sono sue canzoni che non posso ascoltare senza commuovermi per i troppi ricordi, canzoni che non posso proprio più ascoltare per i brutti ricordi, non so quante serate e notti ho passato e passo tuttora a chiacchierare con le persone che fanno parte della mia vita, su questa o su quella canzone.
Non so quante volte ho cantato De André con la gente, o da sola in stanza. Non so quante volte mi ha regalato un sorriso o una lacrima. Ma soprattutto mi ha insegnato qualcosa.
Al primo giorno nella mia casa a Palermo, primo giorno in università ho appesa in camera un poster collage di Gaber e De André. Perché queste menti mi hanno insegnato davvero qualcosa, mi hanno insegnato a pensare.
Sono 22 anni della mia vita e 20 anni che non c'è più De André, eppure per me è fra i pochi ad esserci sempre stato, quando non c'era nessun altro.
Commenti
Posta un commento