Adolescenza: per me e per oggi

Sono un’adolescente. O meglio, lo sono stata. In realtà, trovo giusto usare il termine “sono”, perché io non ho mai smesso di essere un‘adolescente. Perché se devo spiegare, come ho deciso di fare in questo post, cosa sia l’adolescenza e come ci si sente durante l’adolescenza, allora dovrei fondamentalmente basarmi su un luogo comune, ovvero che durante l’adolescenza non si sta bene. Ma purtroppo le giornate no, capiteranno sempre nella vita, e allora sì, sono un’adolescente, perché adolescenza è sinonimo di non stare bene. È un luogo comune, sì, come tanti altri aspetti: le crisi, la convinzione di avercele solo tu, il fatto di soffrire, le paranoie, le classiche domande: oh mio Dio cosa è la vita? Che cosa ne farò della mia? Ho paura, chi mi aiuta? Ma in realtà in questi luoghi comuni, c’è un fondo di verità e cioè che l’adolescenza rappresenta un periodo difficile.
Per me lo è stato, seppur anche utile. Per me ha rappresentato una svolta da quella che era una spensieratezza genuina dell’infanzia a quella che invece era una novità, una nuova me maggiormente riflessiva, anzi sempre riflessiva. Anche solo per il fatto di parlare di una sé, di cominciare ad avere un rapporto con se stessa, cercando di conoscerla, di capire quali fossero i suoi desideri, per soddisfarli in teoria finendo invece sempre, per le paranoie e le ansie di cui sopra, per sabotarla. Tuttavia sì, aveva una consapevolezza di sé, che apparirebbe come qualcosa di positivo magari. Devo dire che non è servita a niente. Da bambino agisci in maniera istintiva, senza pensare alle conseguenze, anzi, non pensi nemmeno ci possano essere. Se dici ciò che pensi, gli altri non ti ascolteranno né si faranno un’idea di te, puoi dire e fare ciò che vuoi, non ha senso salvaguardarsi non dicendolo, lo devi dire. O meglio non potresti, ma nella tua testa sì. Questa però non è maggiore libertà, la pretendi, te la rubi, te la prendi da solo, da adolescente questo non esiste. Il punto fondamentalmente è che quello che pensi lo dirai comunque da adolescente o avrai comunque voglia di dirlo. E questa voglia di dirlo ti distrugge. Perché da adolescente la consapevolezza ti fa dire “alt” e pensare alle conseguenze. Quindi hai un complesso totale, non ti senti adeguato alla società. Magari ti nascondi dietro a scuse stupide, la tipica frase è “non mi capisci”, che ripeti spessissimo ai tuoi genitori quando sai bene che neppure tu ti comprendi, perché se arrivassi a comprenderti allora arriveresti ad una conclusione che non vorresti mai ammettere, che ti spaventa.
Molti pensano che si è instabili per una questione di rabbia, perché ci si sente in una via di mezzo, non si sa se si è adulti o bambini e magari anche il disprezzo per i genitori nasce da un desiderio di invertire i ruoli. Questo discorso mi è stato fatto non so quante volte e da innumerevoli persone, non l’ho mai condiviso. Se riguarda un’adolescente, di certo, non riguarda l’adolescente S. L’unica cosa che rimproveri ai tuoi genitori in quel periodo è il fatto, per quanto mi riguarda, di non illuderti come prima che la vita sia rose e fiori, ma di dirti le cose come stanno visto che “ormai sei abbastanza grande”. Perché oltre a essere tu consapevole di non essere più un bambino, lo sono anche loro. Poiché si tratta di un’età di mezzo, molti pensano che un adolescente si voglia sentire adulto proprio per scappare da quella fase, sbrigarsi a essere grande così da avere un ruolo preciso, non sentirsi smarrito e non avere più affanni e crisi. Così si giustifica il fatto che molti adolescenti fumino o addirittura si droghino, per la voglia di sentirsi grandi, di fare una cosa che i grandi possono fare o che magari vietano e quindi così porsi in una posizione di superiorità rispetto a loro. Lo stesso vale per il modo di vestirsi, nelle nuove generazioni le “2000 poco di buono” è diventato ormai uno stereotipo, le tredicenni con i pantaloncini e gonne inguinali quando ci sono -3 gradi, quando non hanno l’età per farlo, quando i ventenni le prendono per il culo.
La verità in tutto questo discorso potrebbe apparire: vogliono sentirsi adulte, le capisco, anche io ero così. No. Per quanto mi riguarda, non l’ho mai vissuta così. La consapevolezza, i problemi, tutte queste complesse situazioni della mia adolescenza non erano causate dal fatto che io sapessi con certezza di trovarmi in una situazione di mezzo, intermedia, fra bambina e donna, il problema principale di quella fase è stata la consapevolezza che prima o poi sarebbe finita e che sarei diventata adulta, grande. Nel mio caso non era un fatto di sentirsi adulti, maturi e grandi, ma proprio di non volerlo mai diventare. Perché essere adulti è una cosa difficile, molto più dell’adolescenza. Questo l’ho imparato da mia madre, come l’ho imparato dai libri, come l’ho imparato dal film “Mary Poppins”. Da bambina pensavo che Mary Poppins fosse andata in quella casa per salvare i bambini, da adolescente ho capito che andava a salvare il padre. C’è una scena in cui lo spazzacamino dice ai bambini, parafrasando:“Voi avete tante persone che si occupano di voi. Avete Mary Poppins, le domestiche, l’agente Jones e me. Quando vostro padre ha un problema che cosa fa? Deve sbrigarsela da solo. E a casa non parla dei suoi problemi, perché deve occuparsi anche di voi”. Allora perché fumare, cercare di essere adulto, quando ti trovi, malgrado le ansie, le crisi, i pianti immotivati, il primo ciclo mestruale, i problemi di cuore, nella posizione più comoda del mondo?
Quindi sì, è un periodo difficile. Lo è stato anche per me. Ma ho sempre cercato, sempre di più, di stare lontana dal futuro e di vivere il presente cercando di far girare le lancette al contrario. Se le ragazzine di 14 anni si truccavano, io mi guardavo la Melevisione. E più mi dicevano che ormai ero grande, più agivo come se guardarla a quell’età fosse la cosa più giusta del mondo. E sinceramente faccio così anche a 19 anni. Ma la mia fortuna è stata quella che adolescenti ormai, le 2000 che tanto sfottiamo, non hanno. Avere una madre che si sedesse accanto a me e mi chiedesse quali erano i miei problemi, lasciando da parte i suoi, senza che nessuna tata magica venisse a salvare lei. Non mi sono mai sentita smarrita e sola, se non per la vita, che è un fatto naturale per cui nessuno può fare niente. Sono d’accordo quando si dice che alcuni adolescenti sono irrecuperabili anche con genitori ottimi, ma la maggior parte ha ormai genitori che vanno a dormire alle 22, quando i figli tornano a casa alle 5 del mattino, in condizioni che sarebbe meglio non menzionare.

Per quanto mi riguarda non ho mai fatto niente del genere, né ho mai provato fastidio nel sentire eventuali prediche da un adulto. Perché capivo che il genitore che ti diceva che non era facile lo faceva perché lo sapeva per esperienza, mentre io avevo il privilegio di averne solamente paura, senza realmente conoscere situazioni difficili, che solo un adulto può conoscere.

Written by Silvia Argento ©

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