La pioggia sull'impatto

Per un progetto con la mia scuola ho dovuto comporre una lettera di una madre indirizzata al figlio terrorista. Mi è sembrato carino, visto i tempi che corrono, postarla anche qui. Il titolo è La pioggia sull'impatto.

Caro Bertrand,
ti scrivo questa lettera perché le mie parole sono esplose in mille pezzi indistinguibili fra loro, per il dolore e la tristezza che in me sono diventati come bombe, di fronte alle recenti notizie.
La mia è una sofferenza diversa dalle altre, che forse in quantità è stata provata da altre madri, ma in qualità da nessun’altra che non abbia vissuto la mia stessa situazione. Sono una madre che ha perso suo figlio. Sono una madre che ha paura nel vedere il figlio fare scelte sbagliate. Sono una madre che crede di aver fallito. Di queste madri, lo so, ve ne sono molte. Ma io sono una madre che ha perso suo figlio, non perché sia morto nel corpo, ma perché morta è la sua anima. Sono una madre che in realtà non ha semplicemente paura di vedergli fare le scelte sbagliate, ma la cui paura è stata più volte concretizzata nell’orrore di una realtà inaccettabile. Sono una madre che non crede di aver fallito, lo sa.
La domanda che si può porre una come me, a questo punto, è una sola: perché? Ed è una cosa che forse non capirò mai. Perché vedi, sapere che si uccide per un raptus omicida, che si fa danno ad altri per un’indole violenta, per legittima difesa, per necessità più o meno giustificabili potrebbe anche non dico consolare, ma forse sarebbe più comprensibile. Non lo so, non ho un figlio assassino di professione, né violento di natura, né che si è dovuto difendere da altri, né con necessità particolari siano esse economiche o non so di che tipo. Ho un figlio che uccide per un principio. Che fa del male, per un principio. Che utilizza strumenti nefasti per una lotta, una lotta politica, sociale, una lotta importante. Ma perché? Perché ho un figlio Terrorista? Alla luce dei presupposti di questa tua attitudine, la mia situazione è troppo difficile e il mio dolore differente dagli altri. Se in altre occasioni potrei pensare di non averti trasmesso i giusti principi, adesso invece non potrei mai accusarti di non avere un principio che ti spinga a fare ciò che fai. Per questo è così terribile. Dovrei addirittura pensare che il fatto di essermi impegnata a ripeterti di lottare sempre per qualcosa, ti abbia reso così? Spingerti ad avere sempre qualcosa in cui credere, dei principi appunto, insomma la mia stessa educazione e non la mancanza di essa, ti ha reso in questo modo? Ma il mio problema non è dove io abbia sbagliato, bensì dove non sbaglierai più tu.
Io non so cosa dirti. Forse dirti di smettere sarebbe inutile, perché ormai ti sei spinto troppo oltre. Ma io vorrei che tu capissi che un principio viene violentato, se lo si difende così. Che un’idea viene stuprata da qualsiasi atto di violenza. Che vali più di una lotta insensata, giacché violenta equivale a senza senso. Che hai una madre che piange per te. E per questo, non ti chiedo di cambiare, ma solo di ricordarti, che in ogni posto in cui, per fortuna senza uccidere te, avrai generato un terreno danneggiato e pieno di morte e sangue, da quel terreno prima o poi crescerà dell’erba. Perché sarà bagnato con le mie lacrime. E io vorrei che come pioggia, esse spegnessero la fiamma di qualsiasi arma tu userai, non tanto contro gli altri, quanto contro te stesso. Contro la tua anima, la tua essenza di uomo, perché l’uomo è talvolta esplosione, talvolta equilibrio.

Con affetto,
mamma.


Written by Silvia Argento ©

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